Un'iniziativa che condivido

Questo blog è, per questa sezione, "gemellato" con il blog: http//sosmammo.blogspot.com di Cristiano Camera. Pertanto sugli argomenti della sezione "In - dipendenza" tutti i commenti che verrano postati saranno reindirizzati anche sul suo blog. E' sembrata una buona idea per aumentare la discussione e fare circolare le idee.

lunedì 25 gennaio 2010

Il punto di vista di Cristiano Camera - SOS Mammo! - sulle regole

Pubblico questo interessante spunto di riflessione/discussione di Cristiano Camera http://sosmammo.blogspot.com/ sulle regole che i genitori impongono ai propri figli... Spero così che possa nascere una discussione, che posterò anche a Cristiano, su come la coppia di genitori approccia il tema delle regole, ma soprattutto come i genitori decidono la "classifica" delle regole importanti.

"Mi sono ritrovato di recente a scambiare con alcuni genitori le mie opinioni su temi quali l'indipendenza, la privacy e le regole nei riguardi di un neonato. Questi argomenti per così dire 'forti', perchè riferiti a un rapporto fra adulti e figlio di neanche un anno, nascono dal fatto che le parole per descriverli sono state usate, ricorrentemente, dagli stessi genitori. Quindi, quando essi parlano di indipendenza, privacy e regole, descrivono e sembrano conoscere il modello educativo a cui si ispirano e che mettono in pratica. Vorrei che la discussione proseguisse su questo blog. Pertanto, oltre a invitare a esprimere ulteriormente il proprio pensiero chi ha suscitato il dibattito, invito a parteciparvi anche gli altri lettori di SOS Mammo.


Indipendenza: il neonato dorme da sempre da solo, mai stato nel lettone con mamma e papà. Seppur non condivida la scelta, niente da ridire, ovviamente: si tratta di una decisione legittima. Ma la spiegazione data, "gli serve ad acquistare indipendenza", mi lascia perplesso e contrariato: indipendenza a quell'età?! Quando oggi l'indipendenza non si raggiunge nemmeno a trent'anni?! Mi suona strano parlare di indipendenza riguardo a un figlio praticamente fin dal giorno dopo il parto. P.S.: Lo dice uno che fino a poco fa, sulle pagine di questo blog, ha sostenuto strenuamente la causa dell'indipendenza e che lo farà sempre. Ma deve essere un tipo di indipendenza desiderata attivamente anzitutto da se stessi. L'indipendenza non può infatti essere qualcosa di imposto e nemmeno di regalato, ma deve essere guadagnata, attraverso il dialogo e addirittura con il conflitto.

Privacy: "Il piccolo è meglio che dorma solo anche per una questione di privacy". "Privacy? Nei riguardi di un bimbo di quell'età? Ma in che senso? Rispetto alla sfera sessuale?". "Non solo per questo...". Sinceramente, non comprendo quali altri sensi. E poi, due genitori dovrebbero avere dei momenti privati rispetto a un neonato? Forse sì, ma di cosa si accorgerà mai a quell'età e che 'idea' potrebbe farsi del papà e della mamma? Davvero non ci arrivo e forse è colpa mia. Ma anche la parola privacy mi suona strana alle orecchie.

Regole, regole, regole: darne da subito, da sempre. Anzi, prima si stabiliscono e meglio sarà dopo. Una di queste regole recita: non giocare in casa d'altri. Di conseguenza, è un maleducato il bambino che tocca e gioca con oggetti che non sono i suoi in un posto che non gli appartiene e in modo giudicato forse troppo esuberante. A volte però è soltanto allegria, entusiasmo, curiosità, voglia di conoscere nuovi strumenti. Spesso, in questi casi, niente va mai rotto o perduto in casa d'altri.

Regole e ancora regole: supportate da questo o da quell'autore di questo o di quel famoso libro. Lo psicologo, il pedagogo, il neuropsichiatra infantile, l'accademico pluridecorato e il divulgatore di turno, i quali dall'alto dei loro studi e grazie a essi, alle loro esperienze e alla loro autorevolezza, "hanno dimostrato", "hanno prodotto indiscutibili evidenze scientifiche", e, successivamente "modelli da adottare" tali da non essere più contestabili. Peccato che i paradigmi ispiratori neo costruiti si smentiscano sempre l'uno con l'altro, in quanto lo psicologo, il pedagogo, il neuropsichiatra infantile, l'accademico pluridecorato e il divulgatore di turno affermano sempre tutto e il contrario di tutto. Spesso, però, per risolvere la controversia è sufficiente sciegliere da che parte schierarsi, con chi stare, quale santone adorare e quale metodo educativo consigliato adottare.

Conclusioni: In fondo, i bambini sono anche un laboratorio per gli esperimenti dei genitori che, per carità, fanno tutto per il bene dei figli e, in questo, sono spesso 'spalleggiati' da scienzati prossimi premi Nobel. Anch'io ho letto qualcuno di questi manuali e frasi illuminanti tipo "la prima sera lasciatelo piangere nel suo lettino, poi non piangerà più e si addormenterà. La seconda o terza sera non piangerà nemmeno, dato che nessuno arriverà a 'soccorrerlo', e si addormenterà felicemente". E devo confessare anche di aver provato, una volta soltanto però, il metodo in questione e la sera dopo, dato che Dodokko mi sembrava tutt'altro che felice, ho lasciato perdere. Questo nonostante il risultato del test di laboratorio dicesse.,a chiare lettere e senza possibilità di equivoci, che mio figlio si sarebbe addormentato 'felicemente'.

P.S.: Dimenticavo, dato che le regole da ricordare sono tante, la numero 321, che non si legge "trecentoventuno", ma "3" (pausa breve), "2" (pausa breve), "1" (pausa più lunga, come di attesa). Cosa si attende? Facile, che il bambino la smetta, immediatamente, di fare ciò che sta facendo. Che sicuramente è qualcosa che non va fatto. E se non la smette e il bambino continua? I genitori non me lo hanno detto, ma, mi hanno assicurato che il figlio la smette sempre e subito, non appena essi pronunciano l'ultimo numero magico della serie."

martedì 19 gennaio 2010

Ancora sull' in - dipendenza


Prima di entrare più nello specifico delle tematiche di addiction parlando dei singoli comportamenti legati all’abuso di una sostanza o l’altra, credo che una riflessione vada fatta rispetto ai comportamenti del nostro vivere quotidiano.


La società in cui viviamo è una società in cui i criteri della performance e della produttività vincolano e veicolano molte delle nostre scelte quotidiane. A titolo esemplificativo proviamo a pensare alle pubblicità dei farmaci da banco: “ influenza - due cene saltate, la partita di tennis saltata, la riunione con il capo saltata .. : prendi la pastiglia e i sintomi spariscono”. Così come la pubblicità di un farmaco contro i dolori mestruali che fa la parodia del fil Matrix e alla pastiglietta “rosa” che magicamente “risolve” il problema. Ho utilizzato l’esempio del farmaco perché, secondo me, rende perfettamente l’idea di ciò che sto cercando di dimostrare. Siamo abituati (chi più chi meno, ma il fenomeno ci coinvolge un po’ tutti) a vivere come impedimento il più piccolo fastidio e, di conseguenza, ad allontanarlo da noi cercando di annullarlo. Con questo non voglio dire che sia meglio soffrire stoicamente, ma vorrei che quando allunghiamo la mano verso il blister di questo o quel farmaco lo facessimo con la consapevolezza di chi compie una scelta.

Questa capacità di discernere dovrebbe accompagnarci continuamente nella cosiddetta “vita reale” e ovviamente non mi riferisco solo all’uso dei farmaci: quando andiamo in macchina e superiamo i limiti di velocità o non allacciamo la cintura o, ancora, portiamo i bambini non sul seggiolino, oppure quando compriamo molti gratta e vinci con la determinazione che la fortuna “deve” girare, o quando andiamo a cena fuori e non decidiamo che uno debba essere il guidatore designato e quindi non deve bere.

La riflessione che sto cercando di portare è che quando si parla di comportamenti di addiction si pensa sempre ai giovani, ai figli relegando il problema al di fuori di noi, come se noi ne fossimo immuni. Nella realtà siamo proprio noi, la generazione degli adulti consapevoli, che implicitamente sdoganiamo, con i nostri comportamenti “banali” e “quotidiani” il concetto che le regole sono fatte per gli imbranati e per i deboli.

martedì 12 gennaio 2010

In - dipendenza


Sempre più spesso leggiamo sui giornali notizie relative al sequestro di quantitativi di cocaina, come pure inchieste allarmati riferite al dilagare del consumo di sostanze stupefacenti da parte di porzioni sempre maggiori di popolazione.

Mi piacerebbe, allora, cercare di approfondire meglio il fenomeno della dipendenza o, per definirlo più precisamente, sia pure con termini anglofoni, i “comportamenti di addiction” . Cerco di spiegarmi meglio: in realtà parlare di “dipendenza” ci porta a focalizzare l’attenzione su un aspetto “patologico” del problema, mentre quando parliamo di comportamenti di addiction la nostra attenzione si può meglio concentrare sugli aspetti legati alle scelte. Il comportamento, infatti, a meno che non sia una risposta di tipo “riflesso”, implica una consapevolezza da parte del soggetto che sceglie un’azione piuttosto che un’altra.

Quando ci si avvicina alle sostanze stupefacenti, di solito, e nella maggioranza dei casi è così, lo si fa per la curiosità di provare un brivido, un’esperienza di alterazione, di “sballo”. La letteratura su questo argomento ci fornisce dati che possono spaventare. Cito, a titolo di esempio, i dati dell’osservatorio dipendenze dell’Asl Città di Milano: INDAGINE DI POPOLAZIONE SUL CONSUMO DI SOSTANZE PSICOTROPE NELLA CITTÀ DI MILANO - SURVEY 2007 – che riporto testualmente per le parti relative al consumo di cannabis e cocaina:

Il consumo di derivati della cannabis hanno valori generalmente sensibilmente elevati (fino al 70% per i maschi 25-34 anni [...]) e in particolare, nei soggetti giovani, più della metà ha dichiarato di aver consumato cannabis nella vita, mentre il 40% circa lo ha fatto recentemente e il 25% circa lo ha consumato nei trenta giorni precedenti alla compilazione dell’intervista

Dopo la cannabis, la cocaina è lo stupefacente più consumato dal campione intervistato. Pur mostrando i valori più alti per la classe 25-34 anni, si nota come anche i più giovani raggiungano valori considerevoli. Nei confronti del 2004 si nota un modesta ma diffusa tendenza all’aumento delle prevalenze

Uno degli stereotipi più diffusi sull’uso di droghe recita che “tutti coloro che usano le canne poi passano all’eroina” (o comunque alle “droghe pesanti”). Ovviamente, e per fortuna aggiungo io, le cose non stanno proprio così e i dati lo dimostrano. Se noi proviamo a cambiare l’ordine delle parole “tutti coloro che usano droghe pesanti hanno usato le canne”, allora ciò che leggiamo diventa maggiormente credibile.
Questo suggerisce alcune riflessioni:

1. l’atteggiamento di curiosità è tipico delle fasce giovanili della popolazione, il che porta ad una massiva sperimentazione dei cannabinoidi in generale

2. solo una parte di questi soggetti prova anche altri tipi di droga: perché?

3. perché la seconda sostanza, per diffusione del consumo, è la cocaina?

Quello che mi piacerebbe fare, con questo spazio, è aprire una discussione su queste riflessioni che ci porti ad approfondire un tema su cui esistono allarmismi, paure, e discussioni accademiche. Ciò che raramente viene fatto, però, è riferire le problematiche di dipendenza a noi stessi, alle nostre esperienze e al nostro mondo ritenendo che sia un “problema di altri”.
Siccome ho aperto questo post con l’accento sul comportamento di addiction, mi piacerebbe discutere certamente di droghe, ma anche di internet, di dipendenza affettiva e dipendenza alimentare, di sport estremi.. di tutto ciò, insomma, che ci fa riflettere sui nostri comportamenti in diversi ambiti della vita quotidiana.